“Zitto Tunner! Noi non siamo turisti, siamo viaggiatori”

(dal film “Il tè nel
deserto” di Bernardo Bertolucci).

 

Perché dietro ad ogni viaggio, anche a
quelli più scontati o a quelli “all’improvviso” c’è sempre una
ragione; il bisogno di fare nuovi incontri, di conoscere, di misurasi con il
“nuovo”; la necessità del riposo, il desiderio di fuggire da qualcosa
o da qualcuno.

Il viaggio può essere un orizzonte
perché possiamo allontanarci anche facendo solo pochi passi da casa nostra e
comunque, diceva qualcuno, “ovunque io vada non posso che portarmi dietro
me stesso”.

I Viaggi “bianchi” sono
invece “percorsi oltre noi”, sono il racconto di una tensione verso
il “Totalmente Altro”, verso ciò che non può determinare il nostro pensiero
“a priori” ma che invece “ci muove” e ci proietta
“fuori” in una dimensione imprevedibile e per questo autentica,
reale.

Questa mattina, nel bellissimo Auditorium
dell’Istituto Comprensivo “Eleonora Duse” di Bari, un folto numero di
ragazze e di ragazzi delle classi terze della Scuola Media assieme ai loro
docenti sono stati co-protagonisti di un dibattito ispirato all’itinerario
fotografico “Viaggi bianchi” di Dominique
Jean Paul Stanisci; l’iniziativa, patrocinata dall’Assessorato al Welfare
del Comune di Bari, è stata organizzata dal “Centro Servizi per le
Famiglie di San Girolamo” coordinato da Stefania Monopoli che sta
conducendo un progetto di promozione sociale sui quartieri Marconi, San
Girolamo, Fesca, attraverso l’organizzazione di iniziative formative e
culturali e l’attivazione di servizi per le famiglie (questi ultimi erogati
all’interno di un’area dedicata dell’Istituto Comprensivo “Duse”).

La mattinata è stata emozionante
perché il dossier di Dominique si compone di testimonianze fotografiche
raccolte ad Aushwitz, Hiroshima, in Cambogia e all’interno di numerose realtà e
comunità dove l’esperienza del dolore si è spesso consumata nell’indifferenza generando
processi di “rimozione collettiva” ad opera soprattutto di un
Occidente ripiegato sulla mera logica del profitto.

Ma il senso di “Viaggi
bianchi” e l’opera pedagogica che è alla base dell’impegno sociale ed
artistico di Dominique Jean Paul Stanisci è il desiderio di contagiare un’idea
rivoluzionaria: la necessità di capovolgere il nostro punto di vista per
assumere una nuova prospettiva: quel modo di guardare al dolore come ad un’opportunità per comprendere le ragioni
della sofferenza, assumerla fino in fondo per trovare la forza di generare un
cambiamento.

Gli studenti della Scuola Duse sono
stati accompagnati nelle loro riflessioni dal Dirigente Scolastico Gerardo Marchitelli che ha voluto
richiamare i suoi ragazzi alla necessità di essere sempre più consapevoli dei
propri vissuti, più attenti alla propria interiorità, più “in
sintonia” con gli altri e con il mondo che ci circonda auspicando la
necessità di un nuovo Umanesimo. il Preside Marchitelli ha così affermato: “Ricordare non basta perché la Memoria
può essere ipocrita se non è seguita da un cambiamento reale del nostro modo di
stare al mondo. Dobbiamo ritrovare quella capacità di sentire l’altro nella
nostra pelle, di provare quell’empatia che ci permetta di aiutarci gli uni gli
altri e provare, così, ad essere migliori”.

Gli studenti sono stati coinvolti
efficacemente anche da Stefania Monopoli
che nell’introduzione al dossier ha voluto riflettere, anche grazie agli
interventi di alcuni docenti dell’istituto, sul significato di segni e di
simboli appartenenti alle diverse culture, portando una parola di attenzione ai
preadolescenti che attraversano periodi della loro crescita non sempre facili e
che chiedono agli adulti di riferimento ascolto e vicinanza.

Infine Dominique ha voluto
ricordarci, attraverso le sue fotografie, che anche la sofferenza può essere un “punto di vista” e che
spesso da un inciampo possono venire fuori nuove opportunità.

“Siamo chiamati alla Felicità”
che non può essere vissuta solo in un dimensione individuale, che non può
esaurirsi nel privato, che non può continuare ad essere dipendente dal
riconoscimento sociale o dal possesso di beni; la Felicità si dona in
un’esperienza più vasta perché non possiamo dirci felici se chi ci è accanto
non lo è; non possiamo dirci soddisfatti se troppi vivono nella privazione; non
possiamo auspicare “il cambiamento” se non siamo noi stesse e noi
stessi “generatori di cambiamento”; e allora i “Viaggi bianchi”
sono “pratica di Speranza attiva” affinché questa vita possa dirsi
davvero degna di essere vissuta.