Anni di ritardi, omissioni e promesse mancate, diritti
negati pesano sull’ex Ilva di Taranto e sulla città pugliese. Ora la città non
può più aspettare, servono risposte chiare e fatti concreti in nome del popolo
inquinato e dei cittadini di Taranto. Si diano risposte sulla VIIAS – la Valutazione
preventiva dell’impatto ambientale e sanitario -, sullo stato delle bonifiche
delle aree contaminate di competenza dei Commissari straordinari di Ilva in As
e sull’utilizzo delle risorse a loro disposizione, sulla bonifica del Mar
Piccolo, sull’utilizzo delle acque reflue dei depuratori Gennarini e
Bellavista. Ed ancora sul Contratto Istituzionale di Sviluppo di Taranto, sugli
interventi che riguardano lavoro e sicurezza dell’ex polo siderurgico, e si
chiarisca la questione dei risarcimenti ai cittadini di Taranto. Temi sui quali
ad oggi ci sono ritardi cronici, mentre Taranto continua a pagare lo scotto
dell’ex Ilva in termini di ambiente, salute e lavoro. Ora bisogna davvero
pensare al bene di questa città e a quello dei suoi cittadini, garantendo il
diritto alla salute, al lavoro e all’istruzione”.   

Sono queste le richieste che Legambiente rilancia dal
capoluogo tarantino e che ha riassunto nel “Dossier Taranto”
presentato oggi dal Presidente nazionale di Legambiente Stefano Ciafani,
insieme a Francesco Tarantini, Presidente di Legambiente Puglia e Lunetta
Franco e Massimo Moretti, rispettivamente Presidente e Vicepresidente di
Legambiente Taranto. Nel dossier l’associazione ambientalista fa il punto sui
ritardi annosi che ruotano intorno all’ex Ilva, a partire dalla mancata
Valutazione preventiva dell’impatto ambientale e sanitario (VIIAS), azione che
l’associazione ambientalista ha sollecitato in questi anni ai vari Esecutivi
compreso quello Conte, senza che nessun provvedimento sia stato mai adottato.

 “Taranto – dichiara il Presidente nazionale
di Legambiente Stefano Ciafani –  è stanca di attendere. Al Governo
Conte chiediamo di rendere obbligatoria, prima del prossimo incontro del 24
giugno a Taranto, la VIIAS per il polo siderurgico. Al di là dell’eventuale
decreto interministeriale annunciato, che resta un provvedimento
amministrativo, ci sono tutti i presupposti di necessità e urgenza che
giustifichino l’emanazione, da parte del Governo, di un decreto legge. Nei
giorni scorsi la città ha urlato la sua rabbia, il suo dolore, la sua angoscia
insieme a tanti cittadini e bambini del quartiere Tamburi. E tornerà a farlo:
perché non si può chiedere a nessuno di attendere in silenzio che, a
posteriori, vengano confermati anche per il Piano Ambientale targato Arcelor
Mittal, i rischi per la salute evidenziati da Arpa ed Ares Puglia e dalla ASL
di Taranto nella Valutazione preventiva del Danno Sanitario effettuata
prendendo a riferimento una produzione di otto milioni di tonnellate annue di
acciaio ottenuta dal solo ciclo integrale ad A.I.A. del 2012 completamente
attuata. Una valutazione che nessuno ha mai confutato, rispetto alla quale
continuano a non essere fornite indicazioni concrete su come quei rischi
possano essere scongiurati, riferita ad un’A.I.A. sovrapponibile per molti
elementi a quanto previsto dall’attuale Piano Ambientale. La città di Taranto e
l’Italia – aggiunge Ciafani – hanno bisogno di soluzioni innovative e
coraggiose, in grado di coniugare la tutela dell’ambiente, la qualità della
vita, la salute dei cittadini e il diritto al lavoro. Noi pensiamo che il
futuro dell’acciaio sia in una produzione totalmente
“decarbonizzata”, capace di abbattere le emissioni inquinanti, ma
passeranno anni, prima che questo diventi realtà: occorre lavorare per
costruire questo futuro e preoccuparci di fare in modo che gli anni che ci
separano da esso non siano segnati da danni inaccettabili, da dolori e
sofferenze che sarebbe stato possibile evitare”.

 

Tornando al dossier Taranto, sul fronte della
sicurezza e innovazione occorre dare garanzie a lavoratori e cittadini. La
salute e la sicurezza di chi lavora nell’ex ilva vanno di pari passo con la
salute e la sicurezza dei bambini e dei cittadini di Taranto: per questo
servono notizie e cifre certe, impegni chiari, trasparenti e
verificabili.  Per Legambiente è importante che i nuovi Commissari di ILVA
in AS o, direttamente, il Governo, chiedano ad Arcelor Mittal informazioni
precise e dettagliate riguardo l’ammontare della spesa effettuata da novembre
ad oggi per le manutenzioni ordinarie e straordinarie degli impianti, le somme
impegnate fino a fine 2019, la specifica degli impianti su cui sono state o
saranno spese tali somme. Nello stesso tempo l’associazione ambientalista
chiede di conoscere a quanto ammontino le somme anticipate da ILVA in AS per
permettere un rapido avvio delle opere previste dal Piano Ambientale,  se
Arcelor Mittal abbia già provveduto a rimborsarle o a quanto ammonti
l’eventuale residuo: è una notizia essenziale sia per sapere se le risorse
destinate alla bonifica delle falde e dei terreni inquinati dallo stabilimento
siderurgico siano o meno tutte già disponibili, sia per conoscere a quanto
ammonti, anche in questo campo, l’investimento finora messo in campo dai
Mittal. Inoltre Legambiente ribadisce di ritenere inadeguato quanto previsto
dal Piano Ambientale in vigore per le cokerie, tra le principali fonti
inquinanti dello stabilimento, a partire dai tempi di attuazione degli
interventi, che risultano dilatati rispetto alla vecchia A.I.A., come già
evidenziato nelle Osservazioni presentate a suo tempo dall’associazione.

 

Altro tasto dolente è legato alle bonifiche delle aree
contaminate e alla depurazione, due chimere per la città di Taranto. I
Commissari straordinari passano, le aree contaminate dell’ex Ilva restano. Ad
oggi i cittadini della città pugliese non conoscono le proposte di intervento
poste sotto la responsabilità dei Commissari straordinari. Dal 1° giugno
Taranto vedrà un nuovo cambio di Commissari Straordinari. Oltre la retorica, ci
sarà un cambio di passo?  Eppure le risorse non mancano: ammonta a circa
800 milioni di euro la somma riveniente dalla transazione con la famiglia Riva
destinata alla bonifica. Il 6 marzo 2019 i Commissari straordinari (nominati a
gennaio 2015) sono stati protagonisti di una Audizione alla Camera dei
Deputati, Commissione VIII in cui, rispetto agli interventi di bonifica da
effettuare hanno fornito solo alcune generiche indicazioni.  Legambiente
chiede che si proceda rapidamente e che i nuovi commissari forniscano al più
presto una informazione puntuale e dettagliata sull’utilizzo delle risorse di
cui sono in possesso unita ad un preciso cronoprogramma degli interventi di
bonifica da effettuare. Serve anche una decisa accelerazione sugli interventi
di bonifica del Mar piccolo. Gravato dai veleni riversati negli
anni dall’Arsenale Militare, dagli ex Cantieri Navali di Fincantieri e dal
siderurgico, il Mar Piccolo è stato inserito sin dal 1990 nelle aree a elevato
rischio ambientale e dal 1998 è tra i Siti di Interesse nazionale (SIN). Per la
sua bonifica erano stati stanziati 119 milioni di euro. Il primo commissario
straordinario alla bonifica di Taranto, l’ingegner Alfio Pini, fu nominato a
gennaio 2013. L’attuale commissario, la dottoressa Vera Corbelli, è stata
nominata a luglio del 2014. Sei anni di commissariamento e la bonifica del mar
Piccolo continua a essere in alto mare.

 

Sul fronte della depurazione l’ex Ilva, per il
raffreddamento dei suoi impianti e per necessità di processo, utilizza ingenti
quantità di acque prelevate da varie fonti: Mar Piccolo, Tara, Sinni,
Fiumicello, ma anche da 32 pozzi.  Di contro le acque reflue trattate
dei depuratori Gennarini e Bellavista vengono scaricate a mare.  Le
acque prelevate in ingenti quantità dall’Ilva, risultano sempre più strategiche
per garantire l’approvvigionamento idrico per uso civile e agricolo in
particolare durante l’estate. Legambiente ritiene che vada superata ogni
resistenza imponendo l’esecuzione della prescrizione AIA in tempi rapidi,
e superando i ritardi nella progettazione dell’adeguamento dell’impianto
di depurazione a fini industriali. “In questo modo – spiegano Francesco
Tarantini, Presidente di Legambiente Puglia, Lunetta Franco e Massimo Moretti,
presidente e vicepresidente di Legambiente Taranto – si eviterebbero le
inaccettabili riduzioni della portata del fiume Tara e gli emungimenti
praticati dai pozzi interni allo stabilimento, lo spreco di denaro pubblico
connesso al mancato utilizzo delle opere già realizzate sinora, si libererebbe
la città di Taranto dalle problematiche collegate al malfunzionamento della
condotta sottomarina del depuratore Gennarini, ormai in uno stato di grave
degrado”.