“Un premio ad personam stanziato da Arcelor Mittal ad alcuni
preposti aziendali che, in occasione dello sciopero indetto per la morte di un
nostro collega, hanno operato in alcuni reparti del siderurgico per consentire
la continuità produttiva”. Lo rendono noto i coordinatori Fim, Fiom e Uilm
(Vincenzo La Neve, Francesco Brigati e Gennaro Oliva), dicendosi ‘basiti’. Un
mese fa Cosimo Massaro morì precipitando nel porto di Taranto con la gru sulla
quale lavorava, spezzata dalla tempesta di quel giorno. Il metodo, scrivono i
sindacati in una nota, “ci ricorda la cattiva gestione dei Riva che
utilizzava la propria fascia di controllo per garantire la produzione anche in
presenza di gravi carenze impiantistiche”.

All’ad Jehl che qualche giorno fa ha scritto a casa ai dipendenti
esortando ad avere fiducia e a lavorare ‘insieme’, i sindacati replicano che
quei contenuti “sono stati tempestivamente smentiti, facendoci ritornare
ad un passato in cui la produzione ha sempre prevalso, anche di fronte alla
perdita di vite umane”. In “un’azienda che, da subito, ha mostrato il
vero volto della multinazionale. Di fronte ad un evento tragico, quale la morte
di un lavoratore, è ingiustificabile quanto avvenuto e, se confermato, il
sindacato non può che prenderne le distanze e aumentare la conflittualità con
chi non rispetta la vita umana. Inoltre – concludono i sindacati – il ricorso
al Tar, presentato in merito al riesame dell’autorizzazione integrata
ambientale, e atteggiamenti di questo tipo non fanno altro che aumentare il
divario tra la fabbrica e la città”. In “un’azienda che, da
subito, ha mostrato il vero volto della multinazionale. Di fronte ad un evento
tragico, quale la morte di un lavoratore, è ingiustificabile quanto avvenuto e,
se confermato, il sindacato non può che prenderne le distanze e aumentare la
conflittualità con chi non rispetta la vita umana. Inoltre – concludono i
sindacati – il ricorso al Tar, presentato in merito al riesame
dell’autorizzazione integrata ambientale, e atteggiamenti di questo tipo non fanno
altro che aumentare il divario tra la fabbrica e la città”.