Un gruppo di ricercatori,
coordinato dalla dott.ssa Anna
De Grassi del Dipartimento di Bioscienze, Biotecnologie e
Biofarmaceutica, ha scoperto scoperto e caratterizzato le prime varianti
“dannose” in un gene da oggi associato ad una grave patologia pediatrica di
origine mitocondriale.

Il DNA di
ciascuno di noi contiene milioni di differenze (varianti) rispetto al DNA di
qualunque altra persona. Per questo motivo, trovare proprio quelle varianti che
causano un danno significa cercare un ago in un pagliaio, soprattutto se tali
varianti non sono mai state riportate prima come “dannose”.

Lo scorso anno lo
stesso gruppo di ricerca aveva scoperto il “malfunzionamento” del
gene SLC25A10 in un altro caso di malattia mitocondriale. Questa volta si
tratta del gene CRAT (carnitina acetiltrasferasi), che codifica per una
proteina il cui deficit enzimatico è stato osservato per la prima volta in una
bimba clinicamente affetta da sindrome di Leigh. La piccola
paziente, già sottoposta ad indagini genetiche presso altri centri
internazionali, ha trovato a Bari la sua prima risposta. La ricerca,
frutto del finanziamento dell’Associazione Mitocon, è stata pubblicata su
“Human Mutation”, la rivista ufficiale della “Human Genome Variation Society”
americana, e dimostra ancora una volta come sia possibile identificare nuove
varianti dannose del DNA considerando ciascun paziente come un caso unico.

Il
risultato ottenuto non solo aggiunge un nuovo gene alla lista
dei geni coinvolti nelle malattie mitocondriali, facilitando future diagnosi
genetiche, ma è anche il punto di
partenza imprescindibile per la ricerca di una terapia
personalizzata. L’urgenza per il
paziente di una diagnosi genetica precoce, l’abbattimento dei costi di
sequenziamento massivo del DNA e le competenze dell’Università di
Bari, sottolineano l’importanza e la fattibilità di istituire in
Puglia una equipe multidisciplinare che operi in maniera
sistematica tra bancone e letto del paziente.