Nella giornata
di ieri i carabinieri della Compagnia di Bari hanno denunciato un 57, titolare
di una azienda di fabbricazione materassi e un 41enne ,in qualità di caporale,
con precedenti per reati tributari.

Nel corso di
preliminari servizi di osservazione, i miliari operanti avevano focalizzato la
loro attenzione su un capannone alla periferia nord del capoluogo, dove
riscontravano un andirivieni di operai di varie etnie, alle prime ore del
giorno, a bordo di biciclette o anche a piedi, che raggiungevano il luogo di
lavoro per abbandonarlo solo in tarda sera. Al fine di verificare il rispetto
delle norme poste a tutela dei lavoratori, i militari decidevano di effettuare
un controllo, accertandosi che in realtà si trattava di una vera e propria
fabbrica per la produzione e spedizione di divani, all’intero della quale lavoravano
almeno 21 operai fra uomini e donne. Veniva accertato che il titolare era un
cittadino cinese, allo stato non reperibile in quanto all’estero, mentre i
dipendenti erano per la maggior parte suoi connazionali, nonché otto africani
provenienti dalla Sierraleone, Gambia e Guinea. A reclutarli era stato un altro
dipendente della fabbrica, anche lui cinese, il quale gli aveva offerto un
“posto di lavoro” ma a condizioni di totale sfruttamento. Costui li aveva
reclutati stabilendo orari e paga inoltre, comportandosi come un “capo”,
dirigeva i lavori degli altri dipendenti, compresi i sui connazionali, addetti
alle varie filiere di montaggio.

Dei cittadini
africani solo 4 erano stati assunti con regolare contratto, ma tutti erano
occupati in condizioni di sfruttamento in quanto lavoravano 8 ore al giorno,
con paga oraria di euro 2,20 in luogo di euro 9,00 previsti dai contratti
collettivi nazionali. Non erano stati sottoposti alla prescritta visita medica
e non avevano ricevuto alcuna formazione sui rischi per la salute e sicurezza
del lavoratore. Assolutamente fatiscenti erano le condizioni alloggiative
rilevate unitamente ai medici della ASL intervenuti, ovvero un seminterrato
privo di finestre e servizi igienici, all’interno del quale gli operai erano “ammassati”
in stato di totale degrado. I datori di lavoro non solo sfruttavano le
condizioni di fragilità delle vittime, costrette ad accettare le sfavorevoli
condizioni in quanto bisognosi di inviare denaro alle rispettive famiglie, ma
controllavano costantemente le prestazioni rese mediante un sistema di
videocamere che registrava i movimenti dei dipendenti.

Al termine
degli accertamenti l’imprenditore e il caporale sono stati deferiti in s.l. con
l’accusa di sfruttamento del lavoro ed intermediazione illecita.  Contestualmente
sono state elevate sanzioni amministrative ed ammende per quasi 56.000,00 euro
e la sospensione dell’attività produttiva.