La Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio la
condanna a 14 anni di reclusione inflitta dalla Corte di Assise di Appello di
Bari nei confronti di Giuseppe Bruno, accusato dell’omicidio di Biagio Genco,
scomparso ad Altamura nel novembre 2006 e il cui corpo non è mai stato
ritrovato. Bruno, difeso dagli avvocati Michele Laforgia e Donato Carlucci, è
stato definitivamente assolto «per non aver commesso il fatto» dopo cinque
processi. In primo grado, nel maggio 2016, Bruno era stato condannato a 25 anni
di reclusione. In appello, un anno dopo, fu assolto e scarcerato dopo aver
trascorso 3 anni in cella e uno ai domiciliari. La Cassazione annullò poi con
rinvio nel febbraio 2018 e nell’appello bis, un anno fa, la nuova condanna a 14
anni di reclusione per concorso anomalo, ora annullata.

Nel processo erano imputate altre quattro persone, il
pregiudicato di Altamura Mario Dambrosio, fratello del defunto boss Bartolo
Dambrosio, Vincenzo Scalera, Vincenzo Crapuzzi e Giuseppe Antonio Colonna, per
i quali la Suprema Corte ha confermato, rendendole definitive, le condanne per
i reati, a vario titolo contestati, di associazione mafiosa, usura e armi (8
anni di reclusione per Dambrosio, 7 anni per Scalera e Crapuzzi, 5 anni e 8
mesi per Colonna). I quattro sono stati condannati anche al risarcimento danni
nei confronti della costituita civile Città metropolitana di Bari. Con
riferimento alla posizione del boss Dambrosio, la Cassazione ha annullato con
rinvio la revoca della confisca di alcuni beni immobili intestati a familiari.
Questo processo nasceva da uno stralcio dell’inchiesta avviata dalla Dda di
Bari più di un decennio fa su un presunto intreccio tra mafia, politica e forze
dell’ordine ad Altamura. Il procedimento a carico di militari e amministratori
locali si è concluso nel 2013 con tutte assoluzioni