Quando la piccola Maria (nome di fantasia) potrà tornare a mangiare normalmente
sarà un gran giorno. Sarà un po’ come nascere un’altra volta, potenza delle
coincidenze, perché proprio nel giorno del suo secondo compleanno, il 29 marzo,
è stata sottoposta ad un delicatissimo intervento chirurgico per la
ricostruzione dell’esofago che le consentirà, una volta completata la
riabilitazione, di alimentarsi dalla bocca come fanno tutti i bambini.

Nella
Chirurgia Pediatrica dell’Ospedale “Vito Fazzi” hanno preparato
l’intervento da tempo, aspettando che arrivasse il momento e la crescita giusti
per la paziente e che l’équipe fosse al completo per affrontare la prima operazione
del genere in Salento.

La
prima volta al “Fazzi”

«E’ la prima
volta – conferma il dr. Carlo Rossi, direttore della Chirurgia Pediatrica – che
viene realizzato un intervento così complesso a Lecce e in tutto il Salento».
Eccezionale anche per la presenza in sala operatoria del prof. Adrian Bianchi,
maltese, specialista della chirurgia pediatrica che ha lavorato per anni
al Royal Manchester Children’s University Hospital e che oggi,
ormai in pensione, gira il mondo per mettere a disposizione gratuitamente la
sua enorme esperienza: «Bianchi è arrivato qui a Lecce per la nostra
conoscenza personale – dice Rossi – abbiamo già operato insieme. E’ un grande
professionista, disponibile, ama il suo lavoro e, da pensionato, continua a
farlo gratuitamente. Noi chirurghi pediatrici usiamo le sue tecniche, come
l’allungamento dell’intestino, oppure l’intervento al piloro attraverso
l’ombelico, la deconnessione esofago-gastrica, una sua invenzione. E’ notissimo
anche per le “incisioni estetiche”, interventi con tecniche in grado
di lasciare meno tracce possibili. Ha fatto davvero tanto per la chirurgia
pediatrica: gli dobbiamo molto, tutti».

L’intervento

La definizione
tecnica è Atresia esofagea di primo tipo (long-gap). Si tratta, in sostanza, di
ricostruire l’esofago mancante ad una paziente nata con un moncone di esofago
scollegato dallo stomaco. Questa condizione ha comportato che la paziente,
seguita a domicilio, sino ad oggi sia stata alimentata attraverso un
collegamento esterno allo stomaco (gastrostomia), mentre alla base del collo è
stata praticata un’esofagostomia cervicale, utilizzata per l’uscita della
saliva e per “allenare” il suo corpo a compiere i movimenti legati
all’alimentazione, attraverso costanti esercizi di deglutizione.

«Questo tipo di
intervento – spiega Rossi – in passato si faceva utilizzando una porzione di
colon, che però non ha peristasi, cioè motilità, per cui l’allungamento poteva
provocare difficoltà nelle normali funzioni. L’innovazione consiste
nell’impiegare il digiuno o piccolo intestino oppure lo stomaco, il che
assicura una migliore funzionalità». In pratica, durante l’operazione il
digiuno (o lo stomaco) viene allungato e collegato all’esofago nativo. «La
scelta della tecnica migliore – conferma il chirurgo pediatrico – viene
compiuta durante l’intervento, a campo operatorio aperto e per concludere tutto
ciò servono 4-6 ore, se non otto ore d’intervento».

L’équipe

In sala
operatoria, al fianco di Rossi e Bianchi, gli altri chirurghi pediatrici del
team di Chirurgia Pediatrica e gli anestesisti-rianimatori diretti dal dr.
Giuseppe Pulito, oltre al personale infermieristico: «Un lavoro corale
fondamentale – dice Rossi – perché la difficoltà sta nella gestione totale
della paziente, dal punto di vista della complessità dell’intervento e della
gestione anestesiologica e poi della terapia intensiva post-operatoria
curarizzata (la paziente non potrà essere svegliata per almeno una settimana),
con il rischio sempre in agguato di possibili complicanze».

Il traguardo
da raggiungere

«Un intervento
di questa natura – continua Rossi – è possibile quando il bambino raggiunge e
mantiene bene la postura eretta, di qui l’attesa di due anni: ora la piccola
sta seduta e ha un buon tono muscolare, perciò è stato possibile affrontare
questa operazione complicatissima. L’obiettivo – aggiunge – è restituire alla
bambina la possibilità di alimentarsi e nell’attesa che ciò sia possibile dovrà
farlo attraverso un catetere venoso centrale. Soprattutto vogliamo restituirle
una qualità della vita il più alto possibile: per due anni non ha mai mangiato
per come intendiamo noi questo termine. Dobbiamo dare al bambino ciò che il
bambino ci chiede, ciò di cui ha bisogno e il nostro compito è mettere in moto
la nostra esperienza e competenza per rendergli la vita migliore».

La terapia
intensiva pediatrica

Un percorso
lungo e non semplice. Il colpo d’acceleratore è arrivato grazie al fatto d’aver
trovato nella ASL Lecce tutte le condizioni per poter intervenire in modo
adeguato. Da una parte l’attività febbrile del volontariato rappresentato da
Tria Corda, che sta lavorando alla nascita del Polo Pediatrico del Salento e in
questo caso finanzia la trasferta del prof. Bianchi; dall’altra le
professionalità del “Fazzi” capaci di adeguarsi ad uno scenario
completamente nuovo. L’intervento alla piccola Maria, infatti, non sarebbe
stato possibile senza il lavoro in simbiosi tra Chirurgia Pediatrica e Rianimazione:
«Il decorso post-operatorio – conferma il direttore dr. Giuseppe Pulito – sarà
importantissimo, la paziente resterà in terapia intensiva per qualche giorno e
sarà seguita attentamente. Per questo abbiamo allestito un posto-letto di
terapia intensiva dotato di monitor e strumentazione pediatrica all’interno
della Rianimazione: è il primo nucleo della futura Terapia Intensiva Pediatrica
del Polo Pediatrico».

L’attività
della Chirurgia Pediatrica

Che la
direzione sia quella giusta, del resto, lo testimoniano i “numeri”
della Chirurgia Pediatrica, in crescita costante. Dal 2015 al 2018, sotto la
direzione di Rossi, sono stati effettuati circa 750 interventi chirurgici
l’anno in età pediatrica (sino ai 16 anni) e, soprattutto, una settantina di
delicati interventi su neonati. E’ questa la parte più significativa –
scandisce il primario – «perché in passato tutti questi pazienti andavano fuori
provincia e, più spesso, fuori regione». E ora invece restano in Puglia e a
Lecce, dove i bambini speciali come Maria hanno finalmente trovato chi si
prende cura di loro.