Due anni di ricerca genetica sulle poliposi
intestinali, e alla fine è avvenuto davvero, l’incontro ravvicinato del terzo
tipo. Parafrasando Spielberg, l’Irccs de Bellis di Castellana ha fatto luce
sull’inquietudine di chi soffriva di un terzo tipo di poliposi, che più che il
colon invece attacca lo stomaco, mai individuata prima. Una novità che ha
effetti immediati su chi soffre di queste forme rare di patologia, subito orientabili
grazie al monitoraggio dei giusti esami strumentali.  

La scoperta, appena pubblicata sul Journal of Medical
Genetics – una delle più autorevoli riviste di settore – è dell’equipe di
ricerca guidata dal professor Cristiano Simone.  

La Poliposi Adenomatosa Familiare (FAP), una sindrome
genetica ereditaria autosomica (cioè non legata ai cromosomi sessuali)
dominante, è causata da mutazioni ereditarie di un gene. Si chiama APC. Tre
letterine che di fatto contengono il kit d’informazioni affinché l’intestino si
“costruisca” in maniera corretta. In caso di errori genetici, cioè di
alterazioni delle informazioni contenute nel gene APC, il nostro intestino –
soprattutto il colon – viene su male, e invece di avere la sua normale
architettura, costituita da alternanza di cripte e villi, presenta
protuberanze: i cosiddetti polipi intestinali. Questi polipi sono soprattutto
adenomi, cioè tumori benigni, ma con una brutta particolarità: stando a
contatto con le feci (ricche di sostanze cancerogene) hanno una probabilità
vicina al 100% di trasformarsi in carcinomi intestinali: tumori maligni.

Immaginiamo quindi il gene APC come un libretto di
istruzioni costituito da capitoli – tre – ognuno dei quali è utile per
costruire correttamente gli organi dell’apparato gastroenterico. Dei primi due
si era capito tutto.

Infatti fino ad oggi si sapeva che errori nel primo
capitolo sono responsabili della poliposi classica (FAP), con
presenza di centinaia o migliaia di polipi del colon a partire dai 10-15 anni,
che spesso richiedono l’esecuzione della colectomia, cioè la rimozione
chirurgica dell’intero colon. La forma classica può presentare sintomi
extraintestinali come polipi/adenomi nel tratto gastrointestinale superiore –
stomaco, duodeno -, osteomi, tumori desmoidi (cioè tumori benigni dei tessuti
molli, localmente invasivi, associati a un elevato tasso di ricorrenza, senza
però potenziale metastatico) e un aumentato rischio di tumori non localizzati
nel colon (tiroide, fegato, dotti biliari, sistema nervoso centrale).

Errori nel secondo capitolo, invece, sono responsabili
della forma ‘attenuata’ (AFAP), con un numero ridotto di polipi (meno di
un centinaio), insorgenza dopo i venti anni e con maggiori problemi verso la
terza-quarta decade. La forma attenuata necessita più raramente di colectomia
ed è meno associata a sintomi extracolonici.

“Il nostro studio – spiega Simone – si è occupato di
capire cosa potesse succedere in caso di mutazioni genetiche nel terzo e ultimo
capitolo del gene APC. A questo scopo, prendendo spunto da un caso locale – una
famiglia di Castellana segnalata, grazie all’importanza del lavoro in sinergia,
dal reparto Oncologia del dottor Lolli – abbiamo allargato l’analisi a 101
pazienti con mutazioni nel terzo distale del gene. Abbiamo così scoperto che
esiste una terza forma clinica che abbiamo chiamato GD-FAP, cioè Poliposi
Gastrica con Desmoidi-FAP, causata da errori nel terzo capitolo del gene.
Questi pazienti hanno insorgenza dei sintomi tardiva, dopo i venti anni, solo
pochissimi polipi del colon – meno di 50, tanto da definire tecnicamente una
oligopoliposi del colon – ma presentano una poliposi gastrica diffusa, cioè
tantissimi polipi, e l’insorgenza di tumori desmoidi, legati ai tessuti
fibrosi. Finora questa categoria di pazienti era monitorata secondo i
protocolli della forma attenuata, in realtà fuorvianti. Ora invece sappiamo che
questa nuova forma clinica necessita di un follow-up dedicato con inizio ai 20
anni di età e che comprenda l’esofagogastroduodenoscopia
ed  ecografia addominale annuali e la colonscopia ogni 2-3
anni”.

“Una scoperta – sottolinea il direttore scientifico
del de Bellis, Gianluigi Giannelli – che consolida l’eccellenza degli standard
di ricerca del nostro Istituto. In questo caso, in particolare, parliamo della
cosiddetta ricerca traslazionale, ossia che ha ricadute immediate sui pazienti,
senza dover aspettare anni. Già da domani infatti i pazienti affetti da questa
terza forma clinica – rara, e quindi che necessita di alti livelli di cura –
potranno beneficiare dei giusti controlli clinici per la prevenzione
oncologica”.