“In una apparentemente tranquilla prima domenica di ottobre
è rimbalzata agli onori della cronaca l’ennesima tragedia familiare ai danni,
questa volta, di figli minori.  Non può
passare inosservato che ciò avviene mentre ci si prepara ad essere ascoltati nella
Commissione Giustizia del Senato per evitare la arcaica “rivisitazione” delle
norme sull’affido condiviso, sulla bi genitorialità, sulla separazione dei
coniugi che prevede l’introduzione di nuove figure, quale quella del mediatore
familiare e del coordinatore genitoriale. I fatti accaduti a  Taranto invece ci impongono di chiederci come
mai quest’uomo nonostante la condanna per maltrattamenti in famiglia potesse
ancora vedere i propri figli e soprattutto come mai questi erano stati affidati
alla nonna paterna. Parliamo ancora una volta di violenza da parte di un uomo
ai danni delle donne e quindi dei figli che sono costretti a subire la cd
violenza assistita”.

È quanto si legge in una nota congiunta del coordinamento
dei Centri antiviolenza pugliesi.

“Chi ha garantito, nella indifferenza dei più e nel
negazionismo di molti, che un genitore destinatario di denunzia per
maltrattamenti in famiglia vedesse i suoi figli? Chi li ha affidati e perché
alla nonna paterna? Perché i giornali parlano ancora di conflitto nella coppia
e di raptus?  Il padre denunciato e
condannato per maltrattamenti non dovrebbe poter vedere i figli fino a quando
non compie un serio percorso di riconoscimento dei suoi agiti, al fine di
garantire nel tempo una genitorialità consapevole, tutelante e non
maltrattante.  Le vite di una bambina di
6 anni e di un ragazzo di 14, saranno inesorabilmente segnate”.

“La società civile, le Istituzioni preposte alla tutela dei
soggetti vittime di tali efferati episodi non vogliono e non hanno voluto
vedere la pericolosità del padre. Il ddl Pillon è cieco su questi temi,
confondendo anch’esso come in molti Tribunali Ordinari, (sia in sede civile che
penale) ed i Tribunali per i Minori il conflitto di coppia e la violenza agita
ai danni della donna, facendo rientrare tutto nella cd elevata conflittualità,
reiterando un retaggio culturale e sentimenti di paura.  Noi operatrici dei centri antiviolenza siamo
stanche di assistere alla violazione costante del diritto alla vita delle donne
e dei loro figli. Possiamo solo immaginare cosa accadrà in caso di approvazione
del ddl Pillon.  L’arretratezza del pensiero sulla tutela dei diritti dei bambini, e l’assenza totale
della considerazione per i diritti delle madri, delle donne vittime di violenza  e dei padri consapevoli, costituirà un terreno
fertile per la sepoltura di tante ed ulteriori 
vittime. Invitiamo, quindi, tutte le istituzioni Giudiziarie e la
società civile ad assumere chiare posizioni su questo DDL, insistendo per il
ritiro dello stesso nonché ad una ferma ed incisiva formazione di tutti gli
operatori chiamati a lavorare su questo grave fenomeno. Lo dobbiamo ai tanti
bambini e bambine uccise, alle donne vittime di femminicidio per  mano dei loro papà e mariti”.